Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

mercoledì 27 ottobre 2010

Al mulino si produce il grano

Anni passarono da un tale risultato e lui era lì, presente, ricordando ancora che quella fu la sua prima, di tante o di poche direbbe Pirandello, in anni belli o brutti, in stagioni normali, sfortunate o ricche di soddisfazioni, ma per lo più vuote di emozioni se non improvvise e durevoli lo spazio di 90 minuti. Il calcio
 è fatto di 22 uomini, undici contro undici e due possibili direttori d’orchestra o comparse, protagonisti se li osserviamo perché registi di sé stessi o figurine da non ribalta.
Stavolta l’incontro parte al contrario, gli alabardati si mostrano umani dal coraggio insano contro un Varese dominatore del terreno amico e mai incline a offrire le tenga agli assalti alle mura di Masnago.

La sconfitta ti fa scomparire o alzare la testa, quella che Godeas mette per colpire in anticipo su Pesoli e King Zappino salva con la sua manona e salvifica le parole di Sannino che l’hanno portato sul verde prato anche oggi. Ancora paura e una veloce scarica di corrente passa per i gradoni dello stadio, mentre i mugugni salgono alle stelle, anzi tentano ma raglio d’asino non vola al cielo e i presunti intenditori del Franco Ossola, come ai tempi delle vacche magre e dei terreni impolverati, vedono nero in un anno che sta facendo vedere trame ordite e non il futbol all’inglese, palla lunga e pedalare.

Allora ci vuole la torre di Pisa(no) per correggere il tiro delle opinioni e mutare il tono delle voci sommesse in un grido unico di gioia. Super marcatore in difesa ed attaccante di stazza, così Eros dimostra il suo amore per la rete (avversaria) e la sua maglia, a cui il difensore giuliano si aggrappa in un tentativo vano cercando di tenerlo sul suolo terrestre.
Il guardiano Caronte Pesoli rimane sorpreso e la sua forza si perde nella battaglia con Godeas, che per una seconda volta va a colpire il legno ospite, mai così tremolante ma uno spritz non si rifiuta a nessuno e tale rimane la gioia, rapida e furtiva poiché la sfera non varca, e mai lo farà today, la linea della gioia.
Differenza esiste sul prato quando un Neto indossa la divisa, non quella bianca dell’infermeria a cui purtroppo la sosta nel luogo poco ameno il brasiliano effettua talvolta. Ed il 10, del quale il compleanno si festeggia oggi il 70° (O’Rey) ed a fine mese del Meraviglioso il mezzo secolo (Diego il migliore) rende omaggio al Dio del calcio dando sfoggio sulla linea di fondocampo di classe cristallina come le sue ginocchia, e la mette in diagonale per il rapido Carrozza, la cui sventola finisce sotto e dentro la traversa. Due minuti e 2-0 siamo, orgogliosi e felici che la sfortuna ha preso altro giro ed ogni occasione si trasforma in oro (quanto vale oggi).
Dimentichiamo che l’oro Zecchin ci aveva lasciato alla metà del guado per la fastidiosa zanzara Tripoli, pungente sul corpo sanguinolento di una Triestina affranta per i sei goals che ha per ora sul groppone dopo una partita e mezzo.
Sul Piave ci lasciano il corpo per una Caporetto gli alabardati, colpiti dagli affondi e le baionette cominciano ad affondare sulla caviglie dei varesini per fermarne la furia agonistica; Osuj ci lascia per un colpo improvvido, forse non sfortunata la situazione vista la grinta del chico nel fermare ogni avversario che gli sfugge nella savana del centrocampo. E così Sannino si può asciugare la fronte perché l’ingresso di Frara, normale come l’arrivo del sabato dopo il venerdì, permette allo sgambettante centrale di sentire il profumo della segnatura con azioni decise verso l’estremo triestino.
La zanzara vuole pungere ed il suo dinamismo svolge una pratica assai dolorosa nella difesa ma il protagonista comincia a delinearsi e se Cellini non ha il coraggio di centrare l’arco, il suo passaggio per Buzzegoli è vitalità per il barricadiero capitano che torna ad imbucare.
La felicità non viene mai da sola e tre son tanti in un sol boccone e la squadra si stringe da sé perché è la sua forza. Manca così solo lui, atteso come l’amante sull’ultimo treno in ritardo, ma il tempo scorre mai vano quando si pensa a ciò che sarà il dopo.
Ed il 90° si supera con un desiderio per l’evangelista Marco (Cellini) di scrivere la parola fine al suo digiuno, affamato di reti e poi sazio per una segnatura così cercata come la tela di Penelope. La cosa più bella è il gruppo su di lui, perché la squadra parte da qui e Zappino ringrazia Sannino con una corsa pazza, tutti protagonisti, nessuna comparsa, questo è un kolossal. Alla prossima Signori.

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