Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

venerdì 30 settembre 2011

Al lupo , al lupo

Calano i varesini nella terra di San Francesco e tra gufi, foreste e lupi, lo sparviero carbone tenta di allontanare gli spettri definitivamente dalla sua panchina per farli materializzare sulla panca di legno di mister Pecchia, anche lui esordiente nella serie cadetta e assai stretta per le sue terga giovani. Pertanto quando al fischio d’inizio il classico modulo carboniano si modifica in uno più aggressivo, con Kurtic fuori temporaneamente dai giochi per un inserimento forse definitivo del più ragionatore Felipe, pare di poter assistere alla prima esterna del giovane virgulto di Calabria, poiché la difesa, se è da serie quasi superiore, la avanti la presenza fissa di Neto da speranze forti di colpaccio.
Allora gli umbri tentano di nascondere le insidie, portando alte le barricate e accendendo subito la tensione intorno al brasiliano mentre Cellini continua a marcarsi da solo e pare maggiormente abile in versione portatore d’acqua e di palloni per Tendini di Cristallo. Ci proviamo subito con il nostro indifendibile Marco fiorentino, peccato che dopo un dribbling estenuante la sfera finisca fra le braccia del guardiano ospite; mentre Carrozza pare un pugile ancora all’angolo dopo il gong e i suoi scatti sono ricordi ormai lontani, forse una firma in meno l’ha debilitato, dall’altro lato Zecchin dimentica i dolori di pubertà, pardon di pube, e comincia a pendolare avanti e indietro per la verde valle umbra, talvolta lo trovi anche davanti alla difesa, piccolo ma tenace nel tenere unita la squadra e farla uscire da attacchi improvvisi degli uomini avversari.
Tanto tuonò che non piovve, perché la nostra capacità offensiva si regge sulle colonne d’Ercole di argilla, con pochi tiri e forse più tensione dietro dove Bressan sonnecchia tutto il tempo, e deve solo lasciarci i brividi per delle uscite che non sono ancora chiare, ma ci fanno ricordare i bei tempi (ben andati per fortuna) del nostro Moreau.
Il piacere ce lo da l’ingresso del futuro Divin Furetto Martinetti, la cui testa troppo dura ce lo ha privato per troppo tempo come l’acqua nel deserto e balzare sul terreno di gioco in maniera sonnolenta al posto di Neto ci fa ben sperare per qualche gioia in più. Così il gioco si fa duro nella loro metacampo, dove li stringiamo per una buona mezzora, ma senza lasciare segni tangibili della nostra presenza, come i Normanni nella Palermo che fu.
In genere più si spinge e più il cavallo entra nella stalla, così non avviene perché ricacciamo i lupi nella tana, come un bunker della linea Maginot, senza cavare qualcosa di positivo; anzi ci dobbiamo sorbire un traversone dalla destra mortifero, su cui nessun umbro avverte la vicinanza con la gloria per la loro prima in assoluto nella B e pertanto più che stringerci la mano alla fine del match non possiam che fare.

A presto con il vostro Pampa solerte.

venerdì 23 settembre 2011

In alto per non volare

Un refolo soffia e porta due ruote assieme alla vita di un ragazzo, un atleta sano nella sua costituzione fisica, oltre i limiti della vita, forse per una distrazione od un colpo di pedale in più teso ad una miglior posizione in cerca della gloria.
Delle teorie sull'incidente si riempiranno le pagine dei giornali, per i curiosi o per i malati di sadismo, privi forse del desiderio puro della conoscenza. A nulla serviranno a sopire il dolore, essenza dell'uomo come situazioni opposte e positive che ci portano con il corpo in alto a livello umano.
Parole si gettano al vento quando il silenzio è portatore di serenità sapendo che lo spirito che ha attraversiato l'esistenza di quest'uomo era rivolto al traguardo, guardando avanti per una gloria forse effimera, ma non vana.

giovedì 22 settembre 2011

La pioggia spegne l'incendio

Sulla graticola brucia il Carbone , con una lettera in mano con la parola fine a caratteri cubitali ed un sogno di giovane allenatore che si modifica cammin facendo, nella selva oscura della serie cadetta. A gran voce in settimana si è chiesto Unità, non d’Italia, ma di squadra, assieme ad un pubblico che facilmente si è disilluso alla luce di un paio di sconfitte, certamente rimediabili ma ingiustificate sotto l’aspetto caratteriale. I fischi nelle orecchie modificano l’intensità e sonorità ed all’ingresso delle squadre solo applausi salutano gli uomini del Mister, più affamato che affermato e il cristallo di Neto illumina un caldo pomeriggio dopo due giri di lancette con un’azione triangolata con il povero Cellini, anti-eroe per eccellenza.

Dalla panchina verso il brasiliano fragile come un grissino accorre una massa gioiosa, a spezzare tremori e fatiche durate un mese, nel quale il digiuno pareva sintomo di siccità e carestia sub-sahariane. Pare un giorno diverso, come essersi svegliati da un lungo sonno, il Varese pareva un plantigrado sulle montagne carsiche, che non sapeva che varcare una montagna fosse un cambio di nazione, comportando responsabilità assai diverse.

Ancora una buona mezzora di gioco, con scambi semplici, Zecchin pungente all’ala come i mesi passati, Neto pronto a farsi in mezzo a quattro oggetto di calcioni sempre pericolosi per le sue articolazioni ed una difesa di gran nome con Terlizzi abile governatore e Troest iperbole dell’atletismo applicato al Fotbol. Pure il nuovo Bressan mette la sua piastrella sul verde di Masnago, anche se la sua prima uscita pare quella dello sparviero in un campo di grano, lasciandoci a bocca aperta per lo spavento passato. Cellini ci mette lo zampino sull’errore davanti all’ospite guardiano, lasciandosi rimpallare la sfera ma non manca il suo dinamismo e se vorrà , potrà.

Hitchcock si siede al tavolo imbandito fornendo una stilettata dura da digerire, un Cocco fresco si direbbe se non fosse difficile la battuta ed il doppio liscio dei nostri centrali gli fornisce un comodo pallone da spingere in fondo al sacco per la sua quarta nella serie. Son passati dieci minuti dall’inizio della seconda parte e se non fosse per l’ingresso del vivace bosniaco freccia rossa Nadarevic, potremmo lasciare correre la partita inoperosamente fino alla fine, come un dormiente all’ombra di un hombu.

Il castello di Lego deve essere ricostruito , seppure il morale non pare aver perso nemmeno una stilla in questi istanti ed il buon Neto , a cui ci si affida e ci si aggrappa (non troppo forte perché potrebbe rompersi), inizia una serie di sviolinate sulla fascia, risollevando il gruppo ed iniziando una samba fra i birilli, paion essere, bergamaschi. Tornare sul luogo del delitto, perché no dice Cellini ed un contropiede classico iniziatosi su un errore albino, diventa la cavalcata delle valchirie fino all’area avversaria dove il Nostro si appollaia sotto la porta per colpire dopo che Neto ha pasteggiato a suon di dribbling aprendogli il Paradiso. Ma l’arma del delitto viene impugnata al contrario e con essa il Marco fiorentino lascia cuore e testa sull’erba, sparando ben alto. Giacché gli improperi possano essere meritati, si teme per la disfatta e l’applicazione della regola classica del calcio; Carbone senza sangue ormai lo richiama all’ombra della panchina spedendo il piccolo De Luca nell’agone, poiché solo verve potrebbe dare.

I seriani paiono giganti al cospetto della zanzara primaverile, ed i suoi movimenti agili lo portano in posizioni consone al suo mestiere, sicché manovrando ai limiti dell’area , crea spazi per Nadarevic, al tiro di poco alto e Filipe, che con un semi lob sopra l’asta ci illude per pochissimo.

Come un biancone nel momento della picchiata sulla preda innocente, De Luca arraffa il pallone giusto sull’assist penetrante di Neto e scavalca l’onesto difensore ospite, colpendo una sfera che ci fa penare prima di varcare la linea magica. Siamo arrivati allo zenit, direbbe l’osservatore meteorologo, peccato che manchino dieci giri sulla sfera di Crono per dirci felici. Ora non perdere la testa è da illogici, in questo teatro dell’assurdo di Ionesco e la riffa si trasforma in rissa per qualche pedata data di sotterfugio e il bon De Luca ne capisce ed è meglio girare al largo da certi marcantoni, omaccioni per le sue piccole terga. Se Grillo salta, ci pensa Pucino a coprirci le retrovie, dice e pensa il Benny mezzo salvato, fino a che all’ultimo sospiro i seriani ci attaccano di lato ed il giovane ex alessandrino non ha che pregare che la sfera finisca fuori sul primo palo di Bressan, nuovo artiere varesino. Un paio di rinvii a casaccio portano la sfera in alto ed al contempo il fischio finale ci fa levare gli arti verso l’Olimpo della vittoria, per la prima, non alla Scala, ma di questo strano campionato. Accorrono i trionfatori, sembrava una finale, poteva essere la fine ma nel salvadanaio finiscono tre punti ed il cammino riprende.