Tale era la foschia che fuori ammantava
il tetto del Palazzo di Masnago in quella domenica che doveva riconciliare:
attese potevan essere vane, un transfert che non può arrivare non può cambiare
il giudizio ma spostare solo le attenzioni su tale burocrazia di cui si ignorano
le regole.
E dal tetto in quel venerdì
antecedente la disfida calda con la Reggio ormai potente, una colomba bianca
annunciava serenità a suo dispetto. E se tale non volle volar via ad ogni
minimo tentativo, portava sul legno la serenità.
Messaggio che potrà essere letto
solo alle 22.30 circa di domenica, dopo che i prodieri si siano erti sulla prua
ad ogni piè sospinto, non frenando e non franando di fronte al possibile
iceberg emiliano.
Se si parte forte è perché gli
uomini son pronti a darsele come nelle stive per menare carbone, a Cervi
risponde pronto Anosike per saggiare la durezza del ferro da cui poi saprà
trarre preziosi spicchi arancioni.
Non si respira, di qua e di là. La
classifica conta poco se paragonata ai galloni di cui qualcuno vedi Maynor può
fregiarsi nonostante gli i residui acciacchi cerchino di minarne le abilità. E Moretti
ordina la difesa mischiata, che ben confonde le acque in cui tenta di remare la
barca del buon Menetti che vorrebbe togliersi di dosso la polvere degli
scudetti che si visto scivolare via quando ne sentiva il peso dell’onore.
Reman tutti nella stessa
direzione si dirà, quando le offese gratuite fino poco prima volavano nelle orecchie
e se le sirene sono ora rosse di vergogna, tale è il vanto di 10 combattenti
che non mollan pallone se non perché graffiato dai rivali. Eyenga vola da
quella savana di braccia, togliendosi liane di dosso ed assaggiando l’aere per
un pubblico estasiato dai suoi numeri circensi. La parità non pare essere di
giornata, dato il vantaggio di Varese a metà dell’opera: cinque punti paion
pochi per alcune imprudenze, ma nessun regala nulla a questo mondo e scartare i
regali è ancora impresa sebbene il Natale incomba.
La ripresa esalta ancor più la
confusione, tanto che nelle volate di qua e di là si contano gli errori
sgrammaticati e non le imprese, fino a che l’onesto Aradori prende per mano i (suoi)
ragazzi e fionda dardi pesanti che tengono i suoi attaccati alle tende
varesine. Rumori sinistri paion prossimi alle orecchie dei casalinghi, aiutati
dai grigi che volteggiano con intenzioni candide di lasciare spazio alla
corrida. E Kangur che di freddo se ne intende, estrae dalla fondina il canestro
di Squadra. Si avanza verso i due minuti finali che paiono giocare a tirare
verso l’overtime, temendo noi le ansietà di un successo che manca dall’ottobre scorso.
Fischi per fiaschi fan sollevare i calici di
Varese, si torna ad assaggiare miele, è il tempo non delle promesse ma dell’amore
per chi si segue.