Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

giovedì 17 dicembre 2009

Forse si cammina

Nella città della villa degli estensi , arrivano gli originali che cercano lo scalpo di peso nella tana biancorossa che potrebbe tingersi in maniera oscura se il sole non sorgesse come sta avvenendo sulle Prealpi in questo periodo. E per un americano che arriva, un italiano si accomoda sul legno, duro ma costoso visto l’ingaggio dell’indigeno che si mostra presuntuoso davanti ad un pubblico che in maggior parte ha già messo pollice verso pronto per presentarlo ai leoni del Colosseo e non del Coliseum. Un applauso per Farabello è ciò che esce dalla fossa del palazzo e da un pubblico che non dimentica il gaucho dalle mani più veloci della Pampa, e lui il Pampa, è colui che con i colori albiceleste indosso alza un coro per il fratello Daniel che presto raggiungerà laggiù, al caldo, all’ombra di un hombu e davanti ad un asado interminabile. Palla a due e Varese li lancia la corsa verso la vittoria con un parziale secco segnato Professore – Thomas – Morandais, le triple entrano e non sono segni sulla schedina ma certezze, mentre Ferrara usa i muscoli di Jameson per miscelare tonici imbevibili dai compagni in biancoblù. Galanda rialza dopo venti anni il Muro di Berlino contro il quale valli ,coach estense, mischia le carte come Toto’ al banchetto della stazione ed i giocatori, finendo per non capirci nulla, puntano alla roulette russa del tiro pesante. E così i biancorossi viaggiano tranquilli con i remi in barca nell’acquitrino di palloni persi e gettati nei canali e dove si punta è terra nascosta , il più dodici alla sirena ( e non quella attraente di omerica memoria), situazione che alza la temperatura del palazzo, ma non gli animi del pubblico, un po’ sconcertato per un gioco arruffato e pari a quello del CSI in certi momenti.
Si riaprono le danze della domenica pomeriggio ed in un targo evoluto Morandais e Jackson alzano il punteggio sul tabellone seguendosi abbracciati lungo il campo e non si tratta di una cumparsita breve. Così facendo tutto si muove eppur rimane fermo e Varese giostra tranquilla seppure il Professore sia sulle montagne russe con assists e palle perse , ma Pillastrini dirige e non si preoccupa molto se non per un arbitraggio che casalingo non è , e neppure ordinato. Il figliol prodigo Martinoni si perde nelle acque ferraresi e viene panchinato mentre l’onesto Gergati naviga a vista e si muove come sulla barca degli anguillai, trovando il poco che serve per cibare il tabellone segnapunti. Ma appena qualche tiro sganciato finisce sulla luna e non nel cesto, il pozzo si fa vuoto e l’acqua sale sulle caviglie biancorosse , dando fiato agli ospiti e Jackson sembra il buon Michael nel Moonwalker. Sale la rabbia fra il pubblico e lo spirito da amichevole svanisce non appena con qualche difesa di Fort Apache Cotani, Galanda e Tusek , oggi ringiovanito all’improvviso, chiudono le gabbie con i buoi dentro ed il risultato va in cassaforte non senza qualche apprensione. Ma Varese rifiorisce come a primavera in casa e si esce a prendere acqua , senza averla bevuta prima con l’imbuto da una squadra ospite che comincia a sentire scricchiolare qualcosa e non sono le porte di Masnago.

Poco più in là

14° PT Gran tiro di Osuj , già definito il Gattuso nero per la corporatura e non per la tecnica, che si infila esattamente là dove la badante leva le ragnatele quando compie il proprio dovere.
26° ST Dopo un tocco di Del Sante, forse di mano e non a caso visto la settimana manesca appena terminata, Momentè, nuovo san Gennaro di Varese che al solo sfiorare trasforma il pallone in marcatura, fa sbattere la bola sotto la traversa con un tiro che poco ci manca perché superi il limite di velocità.
Pieno recupero: dopo una discesa fra i paletti della difesa biancorossa dell’ala appena entrata, il penalty vien parato da un Moreau peggio di un portoghese alla prima della Scala, ed assente giustificato causa gli attacchi umbri persi nella foresta nera del centrocampo varesino.
Non è solo qui la cronaca di una partita dove appunto i centimetri hanno fatto la differenza nel momento della segnatura che potevano essere il tiro sul portiere ospite di Tripoli dopo essersi smarcato abilmente, od il colpo di testa di Del Sante che mirava al bersaglio grosso e non agli angoli.
Giornata fredda e cielo coperto, come nelle cronache di guerra dal fronte, e qui il Varese combatte ancora senza il suo condottiero Sannino il Saraceno, che una squalifica carnevalesca (si era a Viareggio), tiene nella gabbia degli spalti per un’ulteriore giornata, atto improprio e beffardo per un individuo che si trova ad essere parte componente di una squadra che si muove ordinata ai suoi ordini, ma sempre in maniera imprecisata agli occhi del pubblico e degli avversari.
Il direttore d’orchestra Zecchin con il suo spartito detta tempi e modalità ad un manipolo di ragazzi che non aspetta altro che il fischio dell’arbitro per muoversi la domenica dopo che in settimana ha faticato per rispettarne gli ordini.
Il Varese come è solito fare in casa, si affida alle fasce per muovere il gioco, la zanzara Tripoli, anche se un po’ timida nel succhiare energie ai terzini umbri, duetta bene con Armenise sulla sinistra e propone cross bassi per la perla nera Ebagua, non libera di muoversi per l’asfissiante marcatura e così il buon Del Sante può puntare ad incrementare il suo basso bottino di reti. Ma saranno due azioni figlie della casualità, il gran tiro di Osuj e la staffilata di Momentè, a determinare numericamente il risultato, per la gioia del pubblico varesino ancora esiguo nonostante la vetta della classifica necessiti di ossigeno per risparmiare. Che dire degli ospiti? Si muovono con ordine in difesa e a centrocampo dove fanno mulinare le gambe alla ricerca delle caviglie biancorosse come a voler creare ostacoli sulla strada e le due espulsioni, sono la testimonianza che per questo Varese può solo temere un calo fisico.
Correre è più importante di camminare, per ora.

Quando il sacco si rompe,la farina esce

Una Varese incerottata si presenta in campo per l’anticipo di pranzo della domenica, con l’intento di mangiare anche e soltanto con i possibili avanzi rimasti sani e (poco) abili un’altra nobile decaduta come la Virtus Bologna, che di virtù non ne ha più tante come una volta (Ginobili in testa) e cerca di fortificare la sua classifica gustandosi il più classico dei brodini. Se da una parte le assenze sono già marchiate a fuoco prima della vigilia, dall’altra ci pensa una scivolata sfortunata a mettere fuorigioco Sconnie Penn, play americano in cerca di riscatto e così i biancorossi si ritrovano a poter nutrire speranze di successo contro i più forti bolognesi, intenzioni che il giaguaro della Guadalupe Morandais tiene vive con tre bombe una in fila all’altra mentre i centri virtussini fanno colazione pranzo e cena di fronte ai babies Martinoni e Antonelli, magri come fotomodelle e non con le braccia tornite come il lituano bianconero, con il buon Cotani che cerca di trasformarsi in Gasol(ine) neanche fossimo in piazza San Marco a Carnevale. Ci si mette poi un pessimo arbitraggio, irritante e scolastico, quando sotto canestro siamo nella notte dei lunghi coltelli ed il sangue scorre su parquet, con le giacchette azzurre in totale fase da desaparecidos. Il buon Pillastrini, che a quest’ora preferirebbe il legno del tavolo a quello del campo, per fare del buon pane agita tutto quel che c’è nel sacco per estrarre anche solo un grammo di bianca farina ed impastare con le sue grosse mani schemi azzardati e rischiosi quando Vukcevic, cecchino che Milosevic avrebbe voluto fra le sue fila, colpisce lasciando lacrime amare sui volti biancorossi.
Childress , seppur ogni tanto sembri una Ferrari fuori giri, smazza assists e prende colpi pesanti sui fianchi per la causa mentre il volatile Passera, invece di calcare il terreno, preferirebbe essere come Titti , dentro una gabbia a difendersi facilmente da Gatto Silvestro e mette il suo codice fiscale a disposizione per un veloce ricovero nella panca dei puniti e degli indifendibili. Se alla fine dei primi due quarti la differenza è di soli tre punti , che sembrano pochi pochi, alla ripresa un paio di palloni persi facilmente riallontana dalla costa le Vu nere e quando si giunge al meno 14, i sibili si fanno sirene (non quelle affascinanti) ed Ulisse cerca fra i suoi prodi sguardi arrabbiati e non languidi ed irrispettosi; il giaguaro esce ancora una volta dalla gabbia ed un’altra serie tripla di triple pazze riavvicina al meno 6 Varese, sobillando il pubblico ed portandolo a riprendere confidenza con la partita. Qualche rimbalzo in pi’ carambola nelle mani giuste , ma quando si agita il sacco , possono uscire anche sorprese oppure accorgersi che è finita la farina ed al momento che il nostro Titti si ritrova la palla dell’anno, la lancia contro il tabellone come il fortunato sorteggiato tra il pubblico che cerca di vincere una crociera da quattro soldi ( e quattro escort…). Si scorre fino al termine , con l’ossigeno arrivato a fine corsa ed i pensieri ai prossimi necessari acquisti……

Mai scendere dalla barca finché non si arriva al molo

Squadra del sud che per la prima volta nel campionato sale sul campo prealpino per affrontare i biancorossi di Sannino che si siedono al tavolo per il settebello, unica compagine a poter ambire a questo piccolo primato nella prima parte della stagione. I campani sono privi di ben otto titolari, falcidiati dall’influenza e da infortuni vari e pertanto sembrerebbe facile l’avvio, visto che il Varese, privo del suo condottiero, ancora sugli spalti a causa dell’ennesima squalifica, parte lancia in resta dal primo minuto su un terreno di gioco che Giove Pluvio non infastidisce più esattamente a partire dal primo minuto, come a dare respiro ad una compagine che necessita di un campo, si rapido ma non pesante, per il tipo di gioco veloce e basato su passaggi lunghi. In avanti Ebagua e Del Sante, quest’ultimo in attesa come nella notte di Natale, di porre il balon nella rete, si posizionano belli larghi, per dare fastidio alla difesa rossonera che sulle ali sembra un po’ in affanno mentre al centro la lunga militanza dei centrali li pone in un’atmosfera da battaglia campale.
Azioni di gioco intense e continue , sembra che i giovani biancorossi siano stimolati a portarsi a casa l’oro pregiato e la rapidità aumenta vorticosamente, con il buon Zecchin (eccolo…l’oro….) a dettare tempi come il maestro in cattedra e dal suo mancino partono le verticalizzazioni in maniera vorticosa. Ma il turbinio è talmente rapido che sotto porta ci si dimentica che il pallone ha una sua banca naturale e cosi le grida di disperazione si alzano sempre più dagli spalti con il mister Sannino che consuma le suole sui gradoni di Masnago. E così come Martin per un punto perse la cappa, così O Sole Mio sul finire del primo tempo vede le nubi del cielo scendere sul prato e con un fallo stupido su Del Sante, impossibilitato a raggiungere la sfera, ormai corrente verso fondocampo, il Varese si conquista un penalty che il toscano Buzzegoli (mamma e sorella al seguito, tampinata dal Pampa) trasforma sulla ribattuta fortunata del portiere Criscuolo. E quando l’arbitro fischia la fine delle ostilità del primo parziale, si scatena una bagarre in mezzo al campo con il negrito Ebagua attorniato dall’estremo difensore ospite ed altri energumeni, fra cui il buon Fernandez, che vogliono rendere pariglia al centravanti. Nulla di nuovo sotto al sole, direbbe qualche saggio e alla ripresa del gioco si ripresentano tutti gli stessi giocatori, perché la pariglia non ha scombinato nulla e gli animi riprendono tranquilli.
E dai e dai e dai, che venne il secondo( rigore) con il buon Fernandez che prende al lazzo come nella pampa il manzo Del Sante spedendole per le terre in maniera stupida e quest’ultimo si presenta sul dischetto per schiodare lo zero dalla casellina e così avviene, palla da una parte, portiere dall’altra , con l’intera panchina che accorre a festeggiare il primogenito, capocannoniere l’anno passato ed ora a raschiare il fondo del barile. Campane a far festa e Sorrento sulla via del mare?? Non si direbbe, perché a scendere dalla barca sono i biancorossi, in attesa di far salire il settebello e questo proprio non ci pensa a vendersi per poco, cosicché su un traversone lungo , la coppia centrale la fa passare e dall’altra parte in diagonale, ci si infila il centravanti ospite che ferisce di spada e trafigge l’incolpevole Moreau. Così il pathos risale le schiene varesine e va a mettere ghiaccio senza tonico , con la bocca che per il vento si fa secca. E siccome i giovani non sanno attendere, il buon capitan Camisa lascia in braghe i compagni e si fa giustamente cacciare per bloccare un satanello che corre verso la porta. E il buon arbitro lascia tremare il pubblico per ben sette minuti, fino a che il nuovo entrato non decide di mettere a fondocampo una palla che il buon Diego avrebbe posizionato nella bolsa, ma tantè, di Lui c’è né uno solo e non gioca da un po’ di tempo….
A presto dal vostro uomo della Pampa, questa settimana la cabeza era impegnata….

Cambiando l'ordine, il risultato non cambia

Derby fra le vincitrici dei girono A e B della C2 targata 2008-09 , con grossi nomi fra le fila ospiti che rispondono ai nomi dell’eterno Chiesa in campo e dell’ex difensore della nazionale Torricelli seduto sulla panchina, freddo gelido e infuria la bufera, così avrebbe scritto Gianni Brera, ma non siamo a San Siro, ma nel più umile Franco Ossola di Varese per una partita che se fosse disputata a metà campionato sarebbe forse noiosa ed invece svolgendosi nella parte iniziale del girone di andata vede i contendenti gettare in campo orgoglio e spirito sanguigno.
I dubbi su una squadra giovane e ancora acerba si sciolgono in fretta con Sannino presentatosi a ben vivo ai bordi del campo dopo l’espulsione della settimana passata, che schiera i biancorossi con il modulo inglese 4-4-2 deciso a suonare la quinta sinfonia casalinga ed i varesini partono subito decisi dal primo minuto comandando il gioco e mostrando come la mentalità non si studia ma si dimostra. Il Figline fa il suo senza timori e si chiude ordinatamente lasciando Chiesa in mezzo al campo, bel abile nel muovere l’equipo da un’area all’altra, facendo girare la palla e respirando aria fresca sotto le Prealpi.
La perla nera Ebagua è ben marcato nella giungla difensiva dei figli dell’Arno ed attraversare il fiume richiede forza fisica e non punta di fioretto. Ma le armi varesine oggi non paiono ben affilate ed i cinghiali toscani pongono la testa ben oltre la tre quarti in punta di artiglio ed in un paio di occasioni, su punizione e dal limite dell’area, Chiesa dimostra che la categoria non è adeguata al suo livello e si accontenta di scaldare una squadra che non presenta grosse individualità mentre sulla schiena di Moreau passano scosse elettriche.
Alla ripresa del gioco il freddo pungente sembra invitare le squadre ad far trascorrere il tempo, aspettando di trovare rifugio nel caldo degli spogliatoi , ma sulla panchina del Varese si siede (cioè mai…) una tigre accecata, Sannino il saraceno , che impugnando l’asta avvelenata, cerca le alte vette della classifica matando le bestie della selva che si parano di fronte a lui ed oggi il nome che si trova opposto a lui lo porta a moduli spregiudicati fino ad arrivare alle quattro punte, togliendo il buon Zecchin, sempre più punto di riferimento in mezzo al campo ed inserendo prima Del sante e poi Momentè, che si rivelerà hombre del partido. Nonché al 41 al terzo calcio d’angolo, Martin non perse la cappa , ma inserì la spada nel burro della difesa toscana e giust’appunto Momentè va a prendere i tre punti e con lui un Varese che sempre più toglie le ragnatele lassù in alto e chissà , se la matematica non è un’opinione, ciascun addendo aiuta a sommare…

L'ora del desinare

L’ora del desinare

Quando i cristiani si avvicinano al tavolo per pranzare, due squadre blasonate, cercando di ripercorre i fasti di un bel tempo che fu, si affrontano nell’arena di Masnago per la prima non della Scala, ma del massimo campionato di basket 2009-10 , aprendo la giornata delle spezzatino cestistico (che orribile) italiano. La neopromossa Varese (terribile parola ma sappiamo di chi furono le colpe) accoglie fra le calde braccia del suo meraviglioso pubblico l’alter ego del carro armato bancario Siena, ovvero Milano targata Armani; uno scontro subito difficile per il gruppo biancorosso delle prealpi, ma tant’è che bisogna affrontarle tutte prima o poi e solo il Destino dirà se il calendario fu tanto saggio od ostico.
Qualche piccolo vuoto sulle spalti in gradinata e nel parterre ma la curva è già piena e tradisce un poco l’entusiasmo per il ritorno nel basket che conta, poiché alla palla a due i gradi calorici sono ancora a livello di sopportazione.
L’asse colored Childress – Slay disegna geometrie in linea retta per facili pick and roll davanti ai bestioni lituani dell’Armani in sciopero bianco nella loro area e Varese mette avanti facilmente la testa ed anche le corna, sembrando un toro inferocito per le ferite causate dai picadores infilatisi nel tronco nella stagione disastrata della retrocessione.
Coach Bucchi ammira dunque i suoi come su una passerella, avanti e indietro senz’anima ma belli a vedersi impettiti nella loro divisa (solo per i varesini pero’..) ed il pubblico , svegliatosi di buon mattino, comincia a sorseggiare l’aperitivo di quello che sarà un pranzo di gala servito con guanti bianchi. Mentre la partita scorre , si arriva fino al più 10 per poi vedere il vantaggio ridursi fino allo scarto di un semplice canestro alla sirena del primo quarto con l’ala –centro del Tennessee (stato dove si producono anche altre cose buone) Slay già in doppia cifra mentre Galanda comincia a pagare dazio nell’agone come di fronte a Catilina il Censore. La panchina lunga di Milano permette ai vice campioni di rimanere incollati di misura, prendendo talvolta fiato, che invece fa suonare i pifferai prealpini, alzando al cielo note ritmate Slay – Morandais – Thomas.
Al suonar della campanella di metà giornata siamo allo scarti di soli 4 punti, un sorbetto ancora digeribile per l’Olimpia vista la fatica espressa nel gioco. Ma alla ripresa i milanesi non sono più impanati ed senza disegnare un Picasso passano a condurre facilmente a metà del terzo con Pillastrini che fa rischiarare le menti di Galanda e soci per quello che sarà la sonata decisiva. Un Passera non più uccello solitario e ben integrato in coppia con Randy permette a Varese di tornare sopra nel punteggio, grazie sempre ad uno Slay che percorre le highways meneghine in carrozza, diventando già mattacchione ed idolo della curva.
Nell’ultimo quarto Galanda va a sedersi per sempre e mentre la paura ed i soliti fantasmi si assiepano nel parterre, le dieci stelle varesine rischiarano il cielo e lasciano striscie nel cielo che solo le punture di Finlloy possono annebbiare. Finisce con la resa nell’arena di Milano, impotente di fronte ai giochi collettivi di Varese ed un piu’ sette che ora non dice nulla ma a maggio magari…….e ricordando che negli ultimi 12 confronti solo una volta il cielo ha sorriso a Varese (sappiamo chi fu l’artefice di cotanta gioia), è ora di sedersi a tavola, qualcuno pero’ (vedi alla voce Slay) ha già pranzato lautamente…..