Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

venerdì 26 marzo 2010

È primavera, svegliatevi e giocate

Si entra al Palazzo (di Giustizia finale) e l’uomo nero in campo è più grosso di quello solitamente in campo, un cacciatore di testa non avrebbe difficoltà a riconoscerlo……
E venne la prima di Slay, dopo mesi passati in letargo forzato per due ernie tanto improvvise come il malto quando gorgoglia nel tino durante la fase più importante del processo di produzione.
L’uomo con la fascetta alla Borg si alza dalla panchina, generando un’improvvisa esaltazione nel pubblico varesino che già bofonchiava contro questa scelta apparentemente strana. E subito con un gioco di 2 + 1, l’armadio del Tennessee (non chiamatelo botte, quella serve per il nettare degli dei), si batte il petto come King Kong e l’urlo che ne esce dà un smorzata alla squadra biancorossa, facendo alzare le liane, pardon le braccia al cielo e Masnago torna la bolgia caliente, spegnendo la fuga di Treviso. Varese era partita molto contratta, con il Professore che non saliva in cattedra ed i bianco verdi subito in fuga nella prateria difensiva pillastriniana. Ma l’ormone primaverile non sembra destare molto interesse nel pubblico addormentato da non so quali sapori di marzo, forse quelli del gelsomino, candore bianco che si sparge come cenere sui capi, vista la vicinanza con la Quaresima.
Dopo la partenza sprint degli uomini della Marca, ci si ricompatta grazie al Pastore Giobbe Thomas, subito pronto a doppiare le triple in contropiede mentre Childress cerca il predellino per salire in cattedra , ma finisce per inciampare pericolosamente in qualche circostanza.
Nella settimana di San Patrizio, Repesa va a pescare nel fondo del suo pozzo ed il fromboliere dal cognome verde d’Irlanda Neal, ma ebano puro davanti allo specchio, tiene alta la bandiera di Treviso con una serie di tiri dai 5 metri su cui Pillastrini cambia continuamente la marcatura senza trovare ossigeno per il canestro varesino. E quando il cannoniere trevigiano scarica la palla, c’è pronto Nicevic a far la sua parte su cui i mezzi lunghi prealpini non possono che attaccarsi alla maglietta, portandolo direttamente in lunetta dove trova una casa accogliente per il suo morbido tiro.
Quando Childress trova il passo giusto per salire sulla pedana a lanciare strali, facendo filare palloni al bacio per i vari realizzatori di turno, il punteggio prende una piega biancorossa, come soprattutto un paio di pick’n roll che aprono in due la difesa dalle scarpe lente di Repesa e portano Tusek e Martinoni sotto le plance per appoggiare al tabellone facili due punti.
Se poi allo scadere del primo quarto il Prof infila la solita tripla , beh alzarsi in piedi è forma massima e dovuta di rispetto per un campione ancora sulla strada come Kerouac.
Una pausa che non fa cambiare l’andamento della gara, il gatto bianco verde che cerca di soffiare il formaggio al topolino biancorosso, il quale cerca il pertugio adatto per infilare la testolina sotto le schiene delle bestie trevigiane Taylor e Nicevic mentre la pantera Morandais si è ingurgitato qualcos’altro, e non ne vuol sapere di togliere la virgola dal suo tabellino così facendo la curva gliele canta (per il suo morale) e Pillastrini lo richiama (per evitargli la dormita).
La moneta che si pone sulla lingua da portare a Caronte finisce nelle mani di Slay, puro conio di zecca e determinante nel sancire con i suoi giochi artistici un vantaggio minimo alla sirena , momento in cui finalmente la difesa di Varese non subisce il canestro allo scadere senza fare fallo, evento raro da sottolineare con matita rossa come il sangue versato assieme alle lacrime da Thomas in difesa , facendogli scordare il canestro
Alla ripresa delle ostilità, il battaglione biancorosso comincia a premere sull’acceleratore, il safari è iniziato e la pantera nera comincia a correre, segnando i suoi soliti tiri dalla distanza dopo palleggi estenuanti, fuggendo rapido dalle mani dei cacciatori. Questo prendi e tira piace parecchio agli esteti del vecchio basket, un po’ meno al corazon del Pampa che comincia a sentire soffi sinistri alle sue coronarie, cariche di emozioni e mal sopportanti la fretta, così il buon coach pone sulla panca il regista classico dei suoi film e ripropone McGrath, senza arte né parte, povero lui che non sa che pesci pigliare sul lago più alto del mondo, vetta per lui troppo alta visto il livello del gioco.
Dalla savana ne esce invece una pantera nera, gattonando sul filo del rasoio, anima nera come l’amaro siciliano e caliente nello scaldare la retina avversaria, lui è Morandais, spettatore pagante per le anime varesina da ormai un mese. Censura lui non ne subisce come Santoro e va in onda in diretta sul parquet di casa, cominciando con una fila di non errori. Scorre il tempo come il cinese che sta sul fiume ad aspettare il cadavere del nemico, il punteggio si alza senza tregua e ciò piace agli statistici di casa, seppure la sua difesa sia alquanto incolore e qualche mugugno sia ben giustificato. Aspettare Ferrara è troppo rischioso, in laguna il pescato potrebbe essere indigesto, meglio cercare lo scalpo oggi ed appena si cambia passo, Varese fa correre il fiato corto (del Pampa) ed allunga, come Bikila in quel di Roma in una notte d’agosto. Sempre il Professore la mette dai soliti otto metri quando manca un minuto mas o meno sull’orologio quadrato, lui che sta aspettando che l’INPS lo richiami all’ordine, ma ciò che l’età dice, il cuore non ascolta. Un altro paio di liberi e la libertà è per noi popolo di Varese, un pezzo di LegaUno è messo sulla casacca, sempre meno stinta e gli abbracci di fine gara lo stanno ad indicare, insieme si vince, ora e sempre.

domenica 21 marzo 2010

Il torcicollo

In quel di Avigliana, di fronte ai neopromossi dalla Serie B della Juve 98, il nostro cronista temerario provava a tenere a bada le mazze caldissime dei bianconeri, buon banco di prova per Zero al fine di saggiarne le capacità dopo l'impegno dello scorso week -end. L'inning iniziava subito con una valida sul filo della terza e poi con un errore dell'interbase, ponendo cosi' due uomini sui cuscini caldi. E quando il ricevitore caraibico Mota spediva sul conto di due strikes e zero balls la palla alta nel cielo grigio dell'alto torinese, il collo taurino del poeta si voltava di scatto cercando di trattenerne con lo sguardo il lungo percorso. Vano fu il suo tentativo e piena la gioia per non essere un giocatoreprofessionista all'età di 38 anni, il che avrebbe significato aver speso una carriera all'insegna del non fu.

lunedì 15 marzo 2010

Scusate per l'assenza

Derby in quel di Masnago, di fronte a pochi intimi (non quelli prediletti) causa le leggi razziali e spesso virtuali che fanno di Busto Arsizio città divergente da quella Giardino. Purtroppo il vostro Poeta non potrà raccontarvela, non per il decreto legge quanto per i suoi impegni sportivi che lo vedono ancora una volta sui campi verdeggianti calcare con Classe il monte di lancio verso la Luna di una carriera infinita. La chiamata evangelica a sè da parte di Faso e la sua accettazione in maniera decisa (si dimentico' di chiamare il Presidente....) lo porterà lontano dalle sue squadre del cuore nei prossimi week end ed inece di alzare i colori biancorossi , porterà sulla sua pelle quelli rossoblu' milanesi, lui varesino Doc o per meglio dire , blend puro. A presto su queste pagine, sentendo alla radio o per vie traverse, le faccende che i suoi Benjamini svolgeranno da professionista quanto lui è.

martedì 2 marzo 2010

Un calzone troppo gonfiato fa male

100 anni e non sentirli per una società è come dire che in un mondo dello sport dove si salta per aria anche per poco, sopravvivere fra mille difficoltà spinge a lavorare con i giovani,con i quali l’entusiasmo cresce come i fili d’erba su un terreno martoriato, il quale aspetta la tanto agognata primavera (non la pizza, meglio allora per quella gustarsi una margherita) per respirare e dare velocità ai garretti dei biancorossi. Il gioco non ragionato di Sannino, tutta corsa e scambio rapido, richiede che i gladiatori possano correre con le loro bighe su un panno verde e non sulla terra umida, ultimamente tramutatosi nel fango di Masnago. Il Novara capolista (non elettorale) aspetta ancora la prima infornata, pardon sconfitta , in campionato ed i giovani pizzaioli di Mister (no jega) Sannino mischiano gli ingredienti con il libro in mano che a volte si sporca di pomodoro e copre e le parole e con essa rende difficile la lettura , appannando la visione visto che la prime occasioni sono degli ospiti a causa degli scambi di porta che qualche varesino commette, la più grossa con un rinvio al contrario di Tripoli che sveglia il buon Moreau dal torpore causato dalla farina soave che scende dal cielo. Le mani in pasta le tengono a centrocampo Dos Santos, Torre di Babele davanti alla difesa, fornitore di palloni buoni per l’offesa e gran recuperatore di sfere vaganti sia a terra sia nel cielo plumbeo di Masnago, ed il filiforme Buzzegoli, pulcino bagnato nonostante la statura elevata e pronto a battibeccare qualunque cosa si avvicini alle sue leve. Mastro Sannino detta sempre gli ordini, quelli li scrive sulla calce Ebagua, spesso per le terre causa la marcatura modello francobollo stampato sulla lettera. Il brasiliano Neto sa il fatto suo e lotta al centro dell’attacco sulle palle alte per portare le basi le forme di pasta vicino al forno. E come si dice a Napoli, la pizza la pizza viene bene perché c’è l’aria buona e quella la porta il cuoco Sannino, proprio lui che viene da quelle terre che sanno di pummarola e mozzarella e getta gli ingredienti in maniera sapiente, mischiandoli quando sembra che non cresca la pasta. E Carrozza è la birra che fa lievitare l’entusiasmo e le speranze di un successo per entrare nel Paradiso dei play-off.
Il vantaggio nasce su una rimessa laterale contraria che il neo entrato recupera agilmente su una distrazione avversaria e con un dribbling in un fazzoletto spinge il pallone in fondo alla rete mandando per le terre Fontana, Caronte della barca novarese in mezzo al guado.
Tutta la panchina varesina corre in campo ad abbracciare l’eroe momentaneo con un entusiasmo che fa sperare in un arcobaleno improvviso, speranzosi che il cielo si apra.
Mai entusiasmo fu propugnatore di nefandezze tattiche con uno sbilanciamento in avanti, come un chico il giorno di Natale che scarta i pacchetti furiosamente e non si accorge che i regali sono rimasti sotto l’albero, nascosti fra gli aghi di pino. Ed i blu (triste in inglese) piemontesi ricevono il cadeau con un contropiede iniziato da una carica a testa bassa dell’ariete varesino e Gonzales davvero speedy, può scorrazzare libero nella Pampa varesina e la piazza in porta nel medio facile facile spegnendo il fuoco fatuo del trionfo. Il gelo davvero scende sugli spalti, dimenticando che le partite durano novanta (minuti) e sulla ruota biancorossa spesso i numeri giusti sono usciti in ritardo, se non nel tempo di recupero addirittura. Sannino ed i ragazzi ci credono, con ansia nella plaza, tutti avanti come nulla fosse successo mentre il Novara chiude il forno, pardon la porta di fronte,sperando che il terreno bagnato sia avversario ostico alle geometrie prealpine.
A dieci dal termine però l’amore per la porta avversaria, visto che si tratta di Eros (Pisano), sfila poco sopra la traversa maledetta, quel legno intriso di acqua che gonfia troppo la farina e fa venire il mal di pancia ai fegati di varese, rimandando il flirt con la Dea di Olimpo, lassù sulle vette della classifica che sfila sempre più distante. La prossima pizza verrà ben cotta, il pizzaiolo deve essere sapiente e lasciare la fretta a chi rincorre.