Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

martedì 7 dicembre 2010

Ossigeno in vetta

Giovani i ragazzi biancorossi, che dopo la doppia trasferta ambiscono a farsi ammirare dal pubblico che li può seguire anche attraverso la televisione, merito della modifica del sistema calcio rispetto a quando si doveva andare a Masnago per assaggiare goals e freddo. La nevicata della settimana ha salvato nonostante tutto il terreno, che si presenta verdissimo come le linee reggine, davanti in classifica e con una gara in meno.
Il mister Atzori sta lavorando bene nella punta dello Stivale e si affida alla vecchia volpe Bonazzoli per assestare colpi agli avversari. Ma la fortuna vuole che il bomber oggi sia assente perché la visita alle infermerie è tuttora motivo che lo tiene lontano dalle arene. Inoltre le assenze sono anche altre e in Missiroli sono le speranze riposte per il colpaccio esterno; la ruota di Varese è molto ambita, un campo sul quale anche i grossi nomi hanno lasciato le speranze.
I biancorossi attaccano con il sole che li bacia e li ostacola nella caccia all’Ottobre rosso reggino, schieratosi sotto coperta e posizionante mine disseminate qua e là per ostacolare i lanci di Zecchin o le percussioni di Carrozza, discepolo del dribbling sempre e ovunque e capace di esaltare le folle giunte a Masnago.
Prima occasione per l’imberbe Cellini, volenteroso nelle intenzioni e rapace nei pressi dell’area, come il suo curriculum dimostra e sottrae a Carrozza accorrente la sfera giusta. Il cielo anche stavolta accoglie con il pallone gli improperi popolari in un refrain troppo noto. Pochi minuti ancora e la scena è una tragicommedia, su un tiro da lontano di Zecchin non trattenuto, il povero Cellini arriva troppo presto per timbrare e la sfera lo irride passandogli dietro.
Così dal loggione la simpatia per il personaggio ritorna, secondo lo stile più classico della commedia all’italiana e la macchietta si completa con l’infortunio del Marco e il saluto al palco Reale, per lasciare al ritorno della perla nera Ebagua, più adatto ai corpulenti difensori calabresi.
Inizia una sinfonia più vivace, il direttore d’orchestra Sannino si alza alla Von Karajan e scopre la testa lucida, nell’aspetto e internamente, i ragazzi han bisogno di pochi consigli ma decisi. Così Ebagua decide di disputare la partita in armonia sinfonica come primo strumento, la prima occasione è una prova di accordo per poter calciare poi a occhi chiusi dopo aver raccolto il regalo ospite e battere duramente Puggioni, facendo scattare in piedi palco e loggione.
Solo musica classica sullo spartito varesino, il calcio è fatto di azioni semplici e ragionate e il brio da vigore al gioco senza trasformarlo in rugby o scacchi. Per questo che i cambi servono a rifiatare, nel rispetto delle persone e mai a scopo punitivo. Carrozza, sempre largo sulla fascia, aspetta il tram chiamato pallone per agganciarsi e partire in solitaria, direzione la porta avversaria. I suoi compagni lo seguono e Neto ed Ebagua, nel gioco delle alternanze, aspettano inviti golosi per marcare la segnatura.
Un palo nascondino toglie la gioia al rapido Carrozza, cosa rimasta occulta al pubblico fino alla trasmissione televisiva e sul rimbalzo Zecchin trasforma il calcio piazzato meglio del più famoso Dominguez, pedatore del più nobile rugby.
Si rimane così, immobili fino alla fine e i quattro minuti più lunghi della storia ci portano ai piedi del podio, di fronte al maestro Sannino. Per ora siamo a dieci….

mercoledì 1 dicembre 2010

Uscire a pranzo nel bosco

Se nella curva si aprono le danze e i cori dopo alcuni minuti, il sentimento della fame ha avuto la sua rivincita. Bologna, squadra in difficoltà causa gli infortuni pesanti, soffre sotto canestro fin dall’inizio come volevasi dimostrare. Tesi supportata dalla scarsa vena degli esterni, presi nella centrifuga della difesa varesina e finiscono per trovare pochi punti sul proprio tabellone. Amoroso, italiano di valore per questa categoria, trova lasciapassare in ogni buco grazie alla gentilezza di Slay e Fajardo, intenti più alla fase offensiva e il punteggio cresce rapidamente, portando ottimismo nelle bisacce biancorosse.
L’Estonia è una piccola repubblica ex – sovietica e i loro abitanti si sono sempre difesi con timidezza dalle mani rosse dell’URSS; Kangur pare portarne nel petto l’orgoglio risollevato, ma senza troppo coraggio, quasi a non far voler fare alzare la voce degli avversari, così la panchina diventa per lui parco naturale dove riflettere lasciando il prato legnoso all’altro figliol prodigo Righetti, vero Caino della giornata e memore dei trascorsi olimpici.
Così pare più bello assistere alle difese ballerine nei movimenti, di cui Lardo è vero interprete, sempre alla ricerca di chiusure rapide e di cambiamenti repentini, costringendo i suoi a macchiarsi di sudore per rincorrere le bocche da fuoco come fossero pompieri.
E l’incendio lo provoca Goss, folletto fra le maglie virtussine, il cui agonismo esalta i nostri tiratori che aspettano oltre la linea il pallone per centrare il bersaglio. Bacche preziose raccoglie il frate Poeta, che mostra una chierica frutto delle sofferenze per la scarsa considerazione di Recalcati ai tempi della nazionale e il play si erge a paladino dell’italianità nella multietnica Bologna per salvarne l’orgoglio italico.
La pausa determina un divario accettabile per tornarsene al fresco della selva, al riparo dalle gragnole di tiri selvaggi, scagliati più per la mancanza di fantasia che per scelta tecnica. E sugli spalti si assiste alla leggera nevicata che pare addolcire la pausa, quasi noiosa poiché la tensione scansa Masnago in questa domenica. La tensione è risvegliata dai tifosi ospiti, giunti solo ora alle pendici delle Prealpi e ne assorbiscono il calore i virtussini che piazzando un bel parziale, si riportano in parità nel silenzio del palazzo.
Ecco allora il fantasma di John Naismith aleggiare nell’aria e si incarna nel prodigo Righetti, il quale ricordandosi del padre pugile, prende a suonarle ai suoi ex con ardore e intelligenza, sedendosi a consumare la più tremenda delle vendette. Lui, che padron Sabatini accusava di essere un ghost acchiappato, prende a ceffoni la retina come un punching ball e con sé trascina l’omone Slay, mettendo la partita sui canali di un match di boxe.
I loro compagni a turno lanciano gli asciugamani tradotti in recuperi, assists o stoppate e si annebbiano le idee bolognesi, presi per mano dal figlio dei boschi Koponen, inorgoglito dal trovarsi face to face con il più adulto Ranniko. Qualche palleggio di troppo del bimbo finnico in maglia nera lascia la partita ai biancorossi e solo un Goss ancora assonnato non ci permette di levare le braccia al cielo con anticipo.
Il verdetto è ancora più amaro con le Vu – nere, il suo possibile aiutante Righetti le trafigge dalla linea del peccato e chiude in faccia la porta a Lardo e ai suoi, il passato è un macigno per chi non lo capisce.