Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

venerdì 8 ottobre 2010

Falco a metà - seconda parte

Passano le ore e viene la luce, quella dei riflettori che rischiarano il verde del campo, messo a dura prova dalla battaglia di lunedì e pronto per sentire il peso leggero dei moschettieri biancorossi volare sulle fasce.
Quarantacinque minuti cambiano il volto della sfida, conta la rapidità dei passaggi e spingersi a testa bassa può mettere pressione . per cui Mister Tesser cambia subito e parte con tre spine nel fianco del Varese per fargli venire l’orticaria.
Sannino non ci tiene a finire in un cespuglio di rovi e lascia tutto immutato, per non smentire sé stesso e confondere i suoi allievi.
Nella bocca della verità la mano sarebbe mangiata se si pensasse ad un Varese caparbio da subito, ma così è, Buzzegoli sembra un altro e cattura palloni, mandandoli sulle fasce per i cross di Zecchin o le serpentine di Carrozza, farfalla sul prato verde di Masnago. E poi Pisano con quel nome, Eros, carico di ormoni per la rete avversaria da trafiggere, buca ancora in solitaria l’avverso Fontana su un corner che Ebagua aveva cercato.
L’orchestra biancorossa suona il requiem per il Novara per pochi istanti, poiché la giacchetta nera vede un Clayton distratto su un Bertani sbucato dietro a lui e stenderlo gli costa la via diretta dell’inferno, azione strana per lui che di testa sa trattenere ogni pallone lontano dal guardingo Moreau. Per il cronista sembrava rigore, osservando la mimica arbitrale e solo la barriera cospicua lo salvava dalla rabbia per l’azione insulsa, che costava solo una punizione dal limite.
Lo spavento per il tiro diretto si dissolverà dopo qualche minuto dei soliti minuetti in barriera, ma da li in poi la Gallia varesina si chiuderà in sé, tentando di diventare una tartaruga per arrivare con molta fatica nel mare della Vittoria.
Girandola di cambi che rilassa il pubblico e l’uscita di Cellini, ancora a bocca asciutta, per un Osuj sempre cattivo su ogni pallone, ci preoccupa per la possibilità che il centrocampista di rottura sia come Giano bifronte, necessario ma anche inopportuno quando la rabbia scende dalla mente e finisce nelle caviglie.
I minuti passano come granelli di sabbia della spiaggia dei Caraibi, bianca ed immutabile e la tensione è solo sugli spalti poiché i biancorossi appaiono freschi e nella battaglia del Risiko si spostano non per invadere ma per difendere e nel Triangolo delle Bermude di competenza di Moreau si spegne ogni furore offensivo biancoblù.
Dopo un quarto di secolo è sufficiente il cadeau d’argent per un pubblico che esulta, Varese conquista la sua apoteosi e la Casa rimane intatta.

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