Due cubetti di ghiaccio

Da questa settimana fino al limitare delle sue forze la voce della Pampa disporrà di una rubrica fissa nella quale con ironia ed un po’ di pepe commenterà le prestazioni sportive delle compagini varesine. Il titolo nasce dalla fervida fantasia del gaucho che, al calar della sera, è solito metter del ghiaccio in un bicchiere e gustarsi un tonico ed analizzare con sagacia le prestazioni sportive delle squadre prealpine. Il nome potrebbe far pensare ad articoli di facile lettura, in realtà il ghiaccio sciogliendosi nel tonico e cambiando lo stato , diventa di difficile separazione visiva rispetto alla sostanza iniziale…..

martedì 26 gennaio 2010

Cuore caldo e Crema freddato

Freddo intenso non nei cuori del pubblico varesino che saluta una giovane morte portandone il ricordo sugli spalti con dei biancorossi palloncini che volano nel cielo prima del fischio d’inizio. Le speranze di promozione diretta sono anch’esse quasi volate nella doppia trasferta dell’Italia centrale dove il Varese ha mostrato un buon gioco ma raccolto pochissimo come sembra si possa raccogliere oggi poiché il ghiaccio nella Crema si scolorisce soltanto. Si aspetta il gioco frizzante, ma solo le bolle del campo si mostrano agli occhi varesini, un terreno per panzer dove i pesi piuma Aloi ed Eliakuw sbarcano per la prima casalinga, inseriti senza remore da Sannino in un impianto di gioco fatto di protagonisti capaci di salire sul palco e sedersi dietro le quinte senza colpo ferire. Un primo tempo che pattina, ovvero scorre veloce sulle piste battute dalle ali varesine, con il solito Tripoli a svariare, pronto ad evitare l’alce sotto cui rischiare di finire schiacciato. Ospiti particolarmente barricati ma ordinati nel chiudere i varchi al bisonte Del Sante e ad un Dos Santos in cerca di una marcatura pesante ed interessatamente cresciuto in questa fase del campionato.
Bolle in pentola l’acqua per un calientissimo thè purtroppo all’inglese data la mosciezza della situazione ed il Pergocrema si inventa un goal alla Subbuteo, noto gioco che ha preso il nome da un falco che quando becca, punge dolorosamente e con due passaggi succhia il sangue ed azzanna alla carotide la difesa biancorossa con Cazzola imbeccato (scusate il continuo accenno al rapace) dal cannoniere Le Noci. Forse il torpore si annulla dalla rabbia per un’azione casuale che sembra accendere l’undici prealpino alla ripresa della contesa.
Mister Sannino nulla cambia in apparenza, ma le motivazioni si fanno forti perché un record può essere migliorato ed alzare l’asticella renderebbe l’annata del centenario speciale. Il tempo passa ed infuria la bufera, cantavano al bar di Morazzone negli anni che furono, tempesta calcistica per intendere la furia di cercare caviglie e mezzibusti varesini bloccandone l’ardore. E l’espulsione ennesima del condottiero sembra benevola perché se una telefonata ti allunga la vita, un Saraceno in meno scalda la torcida di Clayton che trova il rimbalzo e l’angolo giusto per battere il gladiatore ospite. Le danze sono aperte e si sale in Carrozza per il prossimo balzo, l’ideatore di un’azione che porterà al penalty sul quale Buzzegoli, memore del precedente errore, tira una riga, pardon un rigore lemme lemme di fronte a sé, facendo salire gli angeli in Paradiso e portando il perdo, ops il PergoCrema a liquefarsi. I Campanili nel recupero non sono costruzioni architettoniche ma allontanano i fantasmi e di bianco rimane solo il campo, dopo novanta minuti di dolci minuetti e spaccate rockettare.

martedì 19 gennaio 2010

Il freddo e la bestia

Posticipo serale per i biancorossi in quel di Arezzo, con le telecamere di RaiSportSat a riprendere per la prima volta i giovani di Sannino, schernitosi in conferenza stampa prima della gara poiché non considera fotomodelli i suoi sgambettanti moscerini e con il ritorno della pantera nera Ebagua la davanti, pronto a graffiare. Brividi caldi al 11 su tiro dal limite dell’argentino Erpen con Moreau che va a rilassarsi sulla linea con il pallone dormiente fra le sue mani. Ed i bianchi non inglesi ma calienti rispondono sulla dormita difensiva con Buzzegoli che va ad appoggiarla verso il palo. Ma sul ribaltamento di fronte, un’azione fortunata porta l’Arezzo avanti nel punteggio con un gran gol di Chianese a cui la categoria poco si addice ma non la TV, che mette all’incrocio in estirada e Moreau nulla può su tale sventola. Le proteste per un presunto fuorigioco si spengono come un fuoco fatuo e Sannino nulla fa per accendere gli animi contro la terna ma pensa alla prossima mossa, cioè l’attacco ragionato come alle Termopili.
Il palo colpito dal tiro di Ebagua lascia di stucco la difesa granata perché gli scanzonati biancorossi non si spaventano di fronte all’arena e il gioco orchestrato da oro Zecchin è limpido a 24 carati. La palla gira rapida fra i piedi varesini ed avvicinarsi all’area sembra così facile nonostante la massa corporea degli attaccanti, elefanti per superare le Alpi. Tripoli e Zecchin giocano al gatto con il topo spostandosi da una fascia all’altra, che per il momento sembrano la Gravellona Toce di notte. Doppio colpo per Ebagua che vede il suo appoggio verso la porta bloccato da Mazzoni che prima di gambe e poi goffamente con le braccia permette alla porta toscana di non essere violentata. Ed a viso aperto, pardon, di terga, Camisa salva il risultato su un tiro a porta vuota di Erpen, che avrebbe stecchito la colomba biancorossa al termine della prima parte della disfida.
La seconda frazione riparte come la prima, arrembaggio ragionato e Sannino decide di cambiare i guerriglieri con Zecchin che si va ad infagottare e Corti che ritorna dopo qualche mese per stare sulla fascia, dove il Varese trova gioco e palloni da scodellare al centro. La pantera è in agguato ma la preda (il gol) poteva essere raggiunta se la bava alla bocca non lo avesse portato quel mezzo metro in avanti come nel gol annullato su assist di Del Sante.
La belva ruggisce e l’Arezzo si rintana, non per il freddo ma per gli artigli che il Varese ha sempre in mostra, a graffiare palloni cercando le ghiande anche quando sono sottoterra, ma come l’orso cerca la grotta nella quale stare per qualche mese, negli ultimi venti minuti si va tentoni per terra lungo le piste e nulla stringe Momentè per il quale il luogo più adatto sembra la panchina.
Finisce in gloria per i granata, a mani vuote si rientra alla base dopo una settimana stressante ma che ha mostrato come il Generale Patton sappia tenere il bastone del comando aspettando nuovi granatieri.

lunedì 18 gennaio 2010

Ora buca in classe

Nella città del Torrazzo manca proprio la Torre varesina Tusek che farà sentire la sua assenza sotto le plance dove un mestierante come Cusin si trasforma in un Gasol, anzi in benzina per il motore cremonese che necessita di linfa nuova per rimpinguare una classifica scarna; nello scontro diretto fra le neo promosse, i vanoliani partono a razzo e il fraticello Thomas piazza subito il suo marchio di fabbrica, la bomba in transizione, sintomo di egoismo e di riscossa dopo la partita contro Cantù che lo ha visto sacrificarsi in difesa. Si balla la samba in difesa da una parte e dall’altra , con Cremona che si iscrive alla gara della schiacciata ed il Prof che tarda ad entrare in classe mentre Antonelli rimedia subito le note (vedi tre falli fischiati in poco) da parte della terna grigia.
Quando Varese stringe le maglie in difesa ed allarga il gioco, il parziale di 15-0 è un gioco da ragazzi e Pillastrini si lucida il panciotto e comincia ad assaporare il salame di Cremona (alla voce Forbes) , americano impresentabile anche per una squadra di college. Ma a sedersi dietro la cattedra arriva il buon McGrath, che tiene il gessetto in mano in attesa che arrivi la persona a cui compete ed i biancorossi godono di questa freschezza e tutto sommato scolastica regia, puntuale ed efficace ma non appariscente. Sennonché le partite durano 40 minuti ed il dolce Varese rimane troppo all’aperto, prendendo aria e indurendosi, con pochi tiri e molto palle perse mentre il Torrazzo si raddrizza con un parzialone di 17-0 che non si vedeva dall’anno tragico della retrocessione e si va al cambio di campo con il minimo distacco.
Alla ripresa il Prof latita, le mani sembrano intorpidite e Cusin mostro bimane si erge a paladino del canestro (alla fine la sua valutazione sarà fantastica) mentre la pantera Morandais si perde nella savana delle mani avversarie; i lunghi varesini, già corti, si fanno beccare in posizioni di facili costumi e la loro partita la passano spesso in panchina, magari definitivamente come Panzer Cotani, carro armato biancorosso nell’area ed utilissimo in una sfida d’altri tempi. Ciò porta le squadre a giocare a punto e croce, cercando di costruirsi la coperta per riscaldare la graduatoria, per vedere la luce nella nebbia padana. E quando il Prof Childress fa capolino in classe per gli ultimi istanti della lezione, il gesso , pardon il pallone, gli scivola dalle mani e chi lo raccoglie non arriva alla lavagna in tempo, anzi al canestro, vedi tiro dai 7 metri di McGrath che dimostra coraggio ma Sant’Antonio per stavolta ha bruciato ogni fascina ed il torrone rimane sullo stomaco, ancora una volta.

mercoledì 13 gennaio 2010

La fattoria degli animali

In un derby privo di ostilità sugli spalti, i lariani ed i varesini affondano i colpi su un terreno infame causa le lacrime di Giove Pluvio scese fino a poche ore prima del match e nella foresta del centrocampo si scontrano i tacchini azzurri contro le pantere bianche di Mister Sannino, rimasto in giacca fin dall’inizio sfidando i rigori invernali e sfogando il calor bianco che tiene nel suo corpo da marine. I biancorossi subito all’attacco presi dall’ormai noto vortice casalingo ed all’inseguimento del decimo successo consecutivo che costituirebbe record assoluto per ogni campionato professionistico italiano. I minuto scorrono lenti e le azioni si svolgono in maniera apparentemente scolastica con passaggi da una fascia all’altra del campo , intenti a scardinare la porta (basculante) comasca, alle prese con cambi di giocatori nel ritiro invernale di Roma, fatto di fughe improvvise da parte di elementi essenziali e con l’arrivo di possibili crack per riordinare una classifica molto deficitaria.
Nel fango di Masnago le lepri varesine Tripoli ed Armenise rendono le corsie un sottobosco florido di cross per la testa della tartaruga Momentè, rapido come la testuggine e per il cobra Del Sante, non più velenoso come nella stagione passata ed obbligato a sostituire la pantera nera Ebagua, fermo nelle stalle causa una stupida espulsione subita nell’ultima sfida casalinga contro il Lecco. Al 26° il Varese passa con un’azione da lotta nel fango, il pallone si blocca in mezzo all’area e Del Sante lo scucchiaia alle spalle dell’estremo difensore lariano., levando l’acqua dal palo e poi dalla rete ospite. Sembra che il Varese sia stato padrone del campo, ma va ricordato che le due grosse occasioni da rete sono state precedentemente sventate da Moreau, gatto rientrato a tempo di record dopo l’operazione al menisco di fine dicembre e da camaleonte Bernardini, immolatosi sull’altare pagano.
Così la paura non fa 90° per ora ma solo 45 perché il Como sembra poca roba dietro, ma quando mostra gli aculei, risulta fastidioso sotto porta con palloni vaganti che i giovani fanno fatica a gestire. E dal tunnel stile anni 70 del Franco Ossola escono ancora più deboli i biancorossi che cercano di creare la savana nella quale far perdere il pallone e ritardarne il rinvio verso la propria area e per molto tempo le formichine del centrocampo si azzannano per un pezzo di pallone , ops di pane, fino a quando a metà della seconda frazione i comaschi aumentano la pressione e sui calci d’angolo il freddo è dato dal sudore che scende dalle fronti del pubblico varesino mentre i mediocri lariani sembrano le fiere più imbelvite del Colosseo. E meno male che i comaschi rimangono verso l’80° in dieci causa un infortunio muscolare ed avendo già provveduto alle regolamentari sostituzioni, la pressione sembra alleviarsi se non che ci si mette pure Del Sante a prolungare l’agonia grazie a due errori clamorosi, mangiandosi due gol di fronte al guardiano del faro mentre Tripoli lenisce la sbarra superiore con un piattone da fuori area.
E quando in pieno recupero Pisano tocca con il braccio un pallone non del tutto innocuo, l’arbitro si trasforma in topolino e si rifugia nel buco del fischio finale lasciando il formaggio molle ma dolce della vittoria al Varese che stabilisce l’impresa mai così tanto agognata. Per questa volta poco biancorosso e tanta fortuna, questione di gambe, diceva quella canzone famosa….