Giovani i ragazzi biancorossi, che dopo la doppia trasferta ambiscono a farsi ammirare dal pubblico che li può seguire anche attraverso la televisione, merito della modifica del sistema calcio rispetto a quando si doveva andare a Masnago per assaggiare goals e freddo. La nevicata della settimana ha salvato nonostante tutto il terreno, che si presenta verdissimo come le linee reggine, davanti in classifica e con una gara in meno.
Il mister Atzori sta lavorando bene nella punta dello Stivale e si affida alla vecchia volpe Bonazzoli per assestare colpi agli avversari. Ma la fortuna vuole che il bomber oggi sia assente perché la visita alle infermerie è tuttora motivo che lo tiene lontano dalle arene. Inoltre le assenze sono anche altre e in Missiroli sono le speranze riposte per il colpaccio esterno; la ruota di Varese è molto ambita, un campo sul quale anche i grossi nomi hanno lasciato le speranze.
I biancorossi attaccano con il sole che li bacia e li ostacola nella caccia all’Ottobre rosso reggino, schieratosi sotto coperta e posizionante mine disseminate qua e là per ostacolare i lanci di Zecchin o le percussioni di Carrozza, discepolo del dribbling sempre e ovunque e capace di esaltare le folle giunte a Masnago.
Prima occasione per l’imberbe Cellini, volenteroso nelle intenzioni e rapace nei pressi dell’area, come il suo curriculum dimostra e sottrae a Carrozza accorrente la sfera giusta. Il cielo anche stavolta accoglie con il pallone gli improperi popolari in un refrain troppo noto. Pochi minuti ancora e la scena è una tragicommedia, su un tiro da lontano di Zecchin non trattenuto, il povero Cellini arriva troppo presto per timbrare e la sfera lo irride passandogli dietro.
Così dal loggione la simpatia per il personaggio ritorna, secondo lo stile più classico della commedia all’italiana e la macchietta si completa con l’infortunio del Marco e il saluto al palco Reale, per lasciare al ritorno della perla nera Ebagua, più adatto ai corpulenti difensori calabresi.
Inizia una sinfonia più vivace, il direttore d’orchestra Sannino si alza alla Von Karajan e scopre la testa lucida, nell’aspetto e internamente, i ragazzi han bisogno di pochi consigli ma decisi. Così Ebagua decide di disputare la partita in armonia sinfonica come primo strumento, la prima occasione è una prova di accordo per poter calciare poi a occhi chiusi dopo aver raccolto il regalo ospite e battere duramente Puggioni, facendo scattare in piedi palco e loggione.
Solo musica classica sullo spartito varesino, il calcio è fatto di azioni semplici e ragionate e il brio da vigore al gioco senza trasformarlo in rugby o scacchi. Per questo che i cambi servono a rifiatare, nel rispetto delle persone e mai a scopo punitivo. Carrozza, sempre largo sulla fascia, aspetta il tram chiamato pallone per agganciarsi e partire in solitaria, direzione la porta avversaria. I suoi compagni lo seguono e Neto ed Ebagua, nel gioco delle alternanze, aspettano inviti golosi per marcare la segnatura.
Un palo nascondino toglie la gioia al rapido Carrozza, cosa rimasta occulta al pubblico fino alla trasmissione televisiva e sul rimbalzo Zecchin trasforma il calcio piazzato meglio del più famoso Dominguez, pedatore del più nobile rugby.
Si rimane così, immobili fino alla fine e i quattro minuti più lunghi della storia ci portano ai piedi del podio, di fronte al maestro Sannino. Per ora siamo a dieci….
1 commento:
scrivi anche un commento a caldo dei tifosi. fai qualche intervista, quando sei alle partite . ciao,pampa.
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