Nella terra del tessuto, il Varese di Maran neo assunto si dispone per tessere una tela di possibili vittorie, provando a scalare una classifica avara di soddisfazioni e piena di insuccessi parziali e morali. Se nel pre - partita il cristallo di Neto si rompe appoggiandosi alla verde erba fiorentina, il Martinetti prova a volare sul campo di un Empoli che piange anch’esso per i pochi punti presi. Su questo fronte l’arma di Tavano pare incutere tremori nella difesa biancorossa , ma sarà lui stesso a spuntare la colt che ha nel piede e a lasciare sul terreno le gioie. Ma vediamo come si dipanano le vicende.
Si parte con Terlizzi rimasto sulla Prealpi ed il buon capitan Camisa ancora fra gli undici titolari, come ad aver vinto alla lotteria il primo premio ed i suoi limiti spesso ci fanno correre timori anche forse troppo ingiustificati. Sul primo lancio lungo di un improvvisato regista Corti, la nostra prima punta vola come un falco a cogliere la preda furtivamente ed un rimpallo favorevole lo porta davanti al guardiano ospite, fino a trafiggerlo con un dardo impietoso. Uno a zero per noi ed il vantaggio è meritato per la grinta mostrata, senza nessun rancore per un campo come quello di Empoli che la storia ormai passata ci ha rivelato essere nemico e fonte di brutti ricordi. Sennonché gli uomini di mister Maran si rintanano, superbi di un centrocampo magnete nei piedi del biondo lecchese e di offensore dello slavo Kurtic, pronto sempre al tiro con una castagna che in questo mese prima o poi cadrà dall’albero nella rete ospite. Eppure la difesa sembra un po’ svagata, dimostrando di flettersi fin troppo ed è appunto forse l’inerzia di Buscè, attaccante aggiunto a colpire il nostro incolpevole Bressan su un corner che giunge dopo un attacco pressante per dieci minuti. Così si riequilibra il punteggio, ma non l’andamento perché rinculiamo eccessivamente ostaggi di fronte solo ad un Tavano, stella di casa che ci fa paura come un omone nascosto dietro una siepe che appare al calar del sole.
All’ultimo secondo ecco l’uomo della Provvidenza, che si spaventa lui steso di fronte a Bressan, dopo che la trincea scavata davanti alla nostra porta viene saltata come di palo in frasca. Ma la fortuna pare aver svoltato direzione ed il buon centravanti empolese si emoziona come il giorno della prima Messa e fa calare la sfera fra le braccia del numero uno varesino.
La pausa ci restaura perché dagli spogliatoi escono giocatori sani e forti, la tattica è affrancata dalla forza dei più forti e sicurezze si evidenziano, il nostro centrocampo pare una Linea gotica sotto cui nulla scende, l’Empoli si scioglie sotto questo caldo di primo autunno e davanti pressiamo con De Luca, virgulto e scugnizzo nello sfuggire alle pertiche empolesi, ma assai scarno nelle conclusioni. Nel libro della genesi si associa sull’arca di Noè coppie complementari, per cui ad una punta efficace come Martinetti si è mostrato nel primo tempo, si unisce uno scarso , causa i risultati, come Cellini, non forte come il Marco era ai tempi dell’Europa disunita monetariamente. Sui volti dei varesini si dipinge l’urlo di Munch, e tremando scorriamo lentamente i minuti sull’orologio, sapendo che un gol non arriverà fino a che i marziani non scenderanno sulla terra; è fatta anche stavolta un pareggio e muoveremo la classifica, è probabilmente questo il pensiero comune che fuoriesce dalle menti dei tifosi biancorossi, d’altronde finora ne abbiamo più prese che date e poi dai, Maran ha rinfrancato la compagine e sembra darci un gioco.
Ma il sipario deve scendere ancora, e poi Zecchin che d’oro è nella sua piccolezza e sveltezza, accorre per battere un corner negli ultimi istanti, Pucino pare un albatros e si eleva a colpire, ma la sfera sbatte tremendamente sul legno e rimbalza nell’area battuta da più elementi e la chimica si compie con il nostro vituperato Cellini che sospinge con la nuca qualcosa che mai avremmo sognato. Amen.
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